Docenti e ATA si attendevano un aumento, invece si sono ritrovati con stipendi tagliati anche di 300 euro.
La denuncia della Segretaria regionale UIL Scuola RUA Campania, Roberta Vannini, è netta: “Servono serietà e coerenza, non slogan elettorali. Il rinnovo contrattuale deve segnare una svolta vera”. Intanto, si avvicinano le elezioni RSU e il mondo della scuola chiede risposte concrete.
Stipendi ridotti fino a 300 euro: il cedolino di aprile è un colpo basso per la scuola
Nel primo fine settimana di aprile, in molti si sono collegati a NoiPA per consultare in anteprima il cedolino dello stipendio. La data era domenica 6 aprile, ma quella che doveva essere una domenica di conferme si è trasformata in una giornata amara. Docenti e personale ATA, già alle prese con una retribuzione compressa da anni di inflazione e mancati rinnovi contrattuali, hanno scoperto un taglio netto dello stipendio. Alcuni hanno visto sparire anche 300 euro.
Eppure si parlava da tempo di aumenti. Il taglio del cuneo fiscale, introdotto con la Legge di Bilancio 2024 (L. 213/2023), prometteva un alleggerimento delle trattenute per i redditi medio-bassi. La platea scolastica rientrava a pieno titolo tra i beneficiari annunciati. Ma ancora una volta, tra aspettative e realtà si è aperta una voragine. Il risultato è stato un cedolino più magro, più deludente, più incomprensibile.
Roberta Vannini, Segretaria regionale della UIL Scuola RUA Campania, ha raccolto le voci di centinaia di lavoratrici e lavoratori del settore e non ha dubbi: “È uno schiaffo alla scuola pubblica. Non si può continuare a parlare di valorizzazione del personale e poi ridurre lo stipendio a chi ogni giorno sostiene il funzionamento della scuola con impegno e passione. Gli stipendi erano già risicati, ora sono anche rosicchiati”.
Il riferimento è al quadro generale in cui si muove oggi il personale scolastico: carichi di lavoro in aumento, nuove figure professionali (come l’“operatore scolastico”, previsto per il prossimo anno) introdotte senza un reale investimento economico, e soprattutto un rinnovo contrattuale che tarda ad arrivare. Un contratto che, secondo la UIL Scuola, non potrà limitarsi a piccole cifre “di galleggiamento”, ma dovrà segnare un cambiamento radicale.
Una scuola sempre più esigente, ma sempre meno rispettata
La vicenda degli stipendi di aprile è solo la punta dell’iceberg. Dietro questa frustrazione c’è un malessere più profondo, che riguarda la percezione di un’intera categoria. Chi lavora nella scuola ha la sensazione — fondata — di essere spesso considerato un costo più che una risorsa. E le promesse politiche, tanto più in un clima pre-elettorale, sembrano diventare ogni giorno più inconsistenti.
Vannini sottolinea un dato chiave: “La nuova figura di operatore scolastico porterà un aumento di mansioni e responsabilità, ma l’aumento salariale previsto è di poche decine di euro. È questo il modello di valorizzazione del personale? Più lavoro, più pressioni, meno dignità?”.
La coerenza come valore politico e sindacale
In un contesto in cui anche il dibattito sindacale rischia di scivolare nella promessa facile, la UIL Scuola RUA rivendica la propria linea: quella della coerenza. Non è un caso se, nel recente passato, il sindacato ha scelto di non firmare il CCNL in segno di dissenso verso un contratto ritenuto insufficiente, tanto nelle cifre quanto nei contenuti.
“Abbiamo sentito di tutto in questa campagna RSU. Tanti slogan, tante illusioni. Noi invece abbiamo scelto parole semplici, ma autentiche: coerenza, passione, rispetto. Perché chi lavora nella scuola riconosce chi sta dalla sua parte non solo a parole, ma nei fatti”, spiega Vannini.
Le elezioni RSU, in programma nei prossimi giorni, diventano così un momento cruciale per restituire forza a chi ha dimostrato di saper rappresentare la scuola con serietà. Dopo il successo ottenuto nelle elezioni per il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI), la UIL Scuola RUA chiede ora un nuovo mandato chiaro: per affrontare la trattativa contrattuale con determinazione, per riportare al centro della discussione non solo le cifre, ma la visione della scuola che il Paese intende costruire.
Verso un futuro che riconosca il valore delle persone
Il messaggio che arriva dal territorio è chiaro: chi lavora nella scuola non chiede regali, ma rispetto. Chiede che il proprio impegno venga riconosciuto, che il contratto diventi uno strumento vero di miglioramento professionale e salariale, non un adempimento formale. E chiede che i cedolini mensili non diventino occasioni di sorpresa negativa, ma conferma di una retribuzione giusta e stabile.
La scuola italiana ha bisogno di un segnale forte, non di compensazioni occasionali. Il rinnovo contrattuale non può più essere rimandato né svuotato di significato. Servono investimenti veri, scelte politiche chiare, e soprattutto un cambiamento culturale: basta considerare chi lavora nella scuola come una voce di spesa da comprimere. È ora di tornare a guardare alla scuola come a una risorsa strategica per il Paese.
Perché, come ricorda Vannini, “la scuola è fatta di persone, non di numeri. E noi continueremo a stare dalla loro parte, sempre”.
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