Un collaboratore scolastico ha subito pressioni per un permesso retribuito. In questo articolo chiariamo la normativa e cosa dice la Corte di Cassazione

Pariamo dal principio, i permessi retribuiti per motivi personali sono un diritto consolidato per il personale scolastico, regolato dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL). Tuttavia, episodi come quello accaduto a un collaboratore scolastico, che ha visto la propria richiesta sottoposta a verifiche invasive e tardive, riaprono il dibattito sul bilanciamento tra diritto del lavoratore e controllo da parte della scuola. Analizziamo cosa è accaduto e cosa dice la normativa.

La vicenda: quando la privacy del lavoratore viene violata

Un collaboratore scolastico (CS) ha presentato una richiesta di permesso retribuito per il 3 gennaio 2025, motivando la necessità di portare la moto in officina. Nella richiesta, inviata a dicembre 2024, aveva fornito una motivazione sintetica e un’autodichiarazione firmata e timbrata dall’officina stessa.

Nonostante il rispetto delle formalità richieste, la scuola ha proceduto con una serie di verifiche tardive e invasive:

  • Dopo dieci giorni dalla richiesta, l’officina è stata contattata telefonicamente per confermare la dichiarazione.
  • In seguito, è stata inviata una raccomandata all’officina per ottenere ulteriori dettagli, come giorno e orario dell’intervento.

L’errore della scuola

Va chiarito che, secondo la normativa, il lavoratore non è obbligato a fornire giustificazioni dettagliate. La dicitura “porto la moto in officina” sarebbe stata più che sufficiente, evitando dettagli superflui che hanno prestato il fianco a controlli impropri.

Il comportamento della scuola, oltre a essere percepito come vessatorio, rappresenta una violazione della privacy del dipendente. L’“eccesso di zelo” del personale amministrativo si è trasformato in un abuso che non trova giustificazione normativa.

Permessi retribuiti: cosa dice la normativa

I permessi retribuiti per motivi personali o familiari sono disciplinati dall’articolo 15 del CCNL Scuola 2006-2009, confermato dai successivi contratti nazionali.

  1.  Tre giorni retribuiti: Ogni dipendente ha diritto a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari, utilizzabili anche senza fornire dettagli minuziosi.
  2. Autocertificazione sufficiente: Ai sensi del DPR 445/2000, il dipendente può semplicemente autocertificare la motivazione del permesso.
  3. Nessuna discrezionalità del dirigente: Come confermato dall’ARAN, i motivi dichiarati dal lavoratore non sono soggetti a una valutazione discrezionale del dirigente scolastico.

La Corte di Cassazione sui permessi retribuite

Con l’ordinanza n. 12991/2024, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire alcuni aspetti relativi ai permessi per motivi personali. La decisione ha generato interpretazioni divergenti tra i sindacati e l’Associazione Nazionale Presidi (ANP).

La posizione dell’ANP

Secondo l’ANP, la sentenza rappresenta una svolta, sostenendo che il dirigente scolastico avrebbe un margine di discrezionalità nel concedere il permesso, bilanciando le esigenze del lavoratore con quelle del servizio scolastico. L’associazione sostiene che il diritto all’istruzione, costituzionalmente garantito, potrebbe giustificare il diniego del permesso.

La posizione dei sindacati

I sindacati, invece, ribadiscono che:

  • Il diritto ai permessi retribuiti è garantito dal CCNL dal 2007 e non può essere negato arbitrariamente.
  • Per usufruire del permesso è sufficiente una motivazione generica, documentabile tramite autocertificazione.
  • L’ARAN conferma che il dirigente non può entrare nel merito delle motivazioni dichiarate dal lavoratore.

Cosa ha stabilito la Cassazione?

  1. La richiesta di permesso deve essere supportata da un motivo “adeguatamente specificato”.
  2.  Il dirigente scolastico deve valutarne l’opportunità sulla base di un giudizio di bilanciamento tra esigenze del lavoratore e del servizio.
  3. L’eventuale diniego del permesso deve essere motivato.

Tuttavia, la sentenza non attribuisce un potere discrezionale insindacabile al dirigente, ma richiede che i motivi siano esplicitati per consentire una valutazione oggettiva.

Le criticità nel caso analizzato

Nel caso del collaboratore scolastico, emergono due problematiche principali:

  1. Invasione della privacy: La scuola non aveva il diritto di richiedere informazioni dettagliate o di verificare ripetutamente quanto già dichiarato, soprattutto considerando la documentazione fornita.
  2. Clima lavorativo deteriorato: La percezione di essere controllato in modo eccessivo può configurarsi come mobbing, violando i diritti del lavoratore a un ambiente sereno.

Questo caso evidenzia la necessità di un’applicazione equilibrata delle norme sui permessi personali. I permessi per motivi personali sono un diritto fondamentale per i lavoratori della scuola. Il loro esercizio deve avvenire in un clima di fiducia e rispetto reciproco, senza che il controllo si trasformi in un abuso.

SENTENZA CASSAZIONE

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