Con una sentenza, il Consiglio di Stato ha riconosciuto il valore del servizio militare nelle GPS, anche se non svolto in costanza di nomina.
Una decisione che sconfessa l’OM 88/2024 del Ministero dell’Istruzione e apre nuove prospettive per centinaia di docenti esclusi dal riconoscimento del punteggio.
La lunga battaglia per il riconoscimento del servizio militare nelle GPS ha finalmente trovato un punto fermo. Con una recente sentenza, il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello del Ministero dell’Istruzione, confermando la legittimità della valutazione del servizio di leva anche in assenza di un contratto scolastico attivo. Una pronuncia che tutela il diritto di chi ha adempiuto all’obbligo costituzionale della difesa della Patria e che può incidere significativamente sulle carriere dei docenti precari.
Il nodo della “costanza di nomina”
Il cuore del contenzioso risiede nel concetto di costanza di nomina, ovvero la coincidenza temporale tra un contratto di lavoro nella scuola e lo svolgimento del servizio militare o civile. Secondo l’interpretazione ministeriale, valida nell’ambito dell’OM 88/2024, il servizio di leva sarebbe valutabile solo se prestato durante un incarico scolastico sospeso per obblighi militari.
Una posizione che ha escluso dal punteggio centinaia di docenti, penalizzati per aver assolto un dovere costituzionale prima dell’ingresso nel mondo della scuola.
Il ricorso e la posizione del Ministero
Il caso portato davanti al Consiglio di Stato nasce dal ricorso di un docente al quale era stato negato il punteggio per il servizio militare, in applicazione dell’art. 15 dell’OM 88/2024. Il Ministero, nell’impugnare la decisione del TAR Lazio, ha richiamato l’art. 2050 del d.lgs. 66/2010, che regola la valutabilità del servizio militare nei rapporti di pubblico impiego, sostenendo che il riconoscimento potesse avvenire solo in costanza di un contratto lavorativo.
Secondo il MIUR, ogni altra interpretazione avrebbe configurato un trattamento di favore, non giustificato, rispetto ad altri servizi civili non valutabili nelle graduatorie scolastiche.
La decisione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha invece ribaltato l’impostazione ministeriale, riaffermando la piena valutabilità del servizio militare, anche se non svolto in costanza di nomina. I giudici hanno fatto leva su due pilastri normativi:
Art. 52 della Costituzione, che riconosce il dovere del cittadino alla difesa della Patria e vieta qualsiasi forma di discriminazione lavorativa per chi vi ha ottemperato; Art. 569 del d.lgs. 297/1994, norma speciale per il personale della scuola, che stabilisce espressamente che “il servizio militare è valido a tutti gli effetti”.
La sentenza ha inoltre richiamato una serie di precedenti giurisprudenziali (sentenze n. 1720/2022, n. 3423/2022, n. 266/2023, n. 9864/2024), consolidando una linea interpretativa coerente e favorevole ai docenti.
Le implicazioni per il personale scolastico
La sentenza ha un impatto diretto e immediato per numerosi insegnanti e aspiranti tali. In particolare:
Docenti che hanno svolto il servizio militare prima di ottenere un contratto scolastico potranno ora vedersi riconosciuto il relativo punteggio; Chi è stato escluso dal punteggio nelle GPS o nelle graduatorie d’istituto può chiedere la rettifica del proprio punteggio in sede di aggiornamento; Chi ha presentato o intende presentare ricorso potrà avvalersi della sentenza come precedente favorevole.
Questa nuova interpretazione facilita l’accesso alle supplenze, in un sistema già fortemente competitivo, e restituisce dignità a un segmento di personale spesso trascurato.
Cosa accadrà ora: scenari futuri
In vista del prossimo aggiornamento delle GPS, previsto per il 2026, questa sentenza costituirà un riferimento imprescindibile. Il Ministero sarà chiamato a rivedere le disposizioni dell’OM 88/2024, armonizzandole con l’indirizzo giurisprudenziale.
Si apre ora la possibilità, per chi è stato penalizzato, di:
Richiedere la rettifica del punteggio nei termini previsti; Allegare la sentenza del Consiglio di Stato e i precedenti indicati per ottenere il riconoscimento del diritto; Promuovere ricorsi collettivi o individuali in caso di ulteriore diniego.
Non si tratta soltanto di un dettaglio tecnico, ma di un principio di giustizia sostanziale che riafferma il valore dell’impegno civico e la parità di trattamento tra i cittadini.
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