Intervista a Roberta Vannini (UIL Scuola): “Un accanimento fiscale che umilia i lavoratori della scuola”
NAPOLI – Una busta paga di un euro netto. È l’amara sorpresa di un docente precario napoletano, A.F., che si è visto erodere l’intero stipendio a causa di imposte e contributi. Un caso che lascia sgomenti e che porta a interrogarsi su quanto sia sostenibile lavorare nella scuola pubblica in queste condizioni. Ne abbiamo parlato con Roberta Vannini, segretaria regionale della UIL Scuola Rua Campania, che denuncia l’ennesimo episodio di accanimento fiscale ai danni del personale scolastico.
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Un euro di stipendio: un errore o una prassi?
Segretaria Vannini, come si arriva a una busta paga di un euro per un docente?
“Questi casi purtroppo non sono nuovi, ma il problema è che non fanno abbastanza rumore. I lavoratori della scuola, soprattutto i precari, subiscono ricalcoli fiscali e conguagli che spesso portano a trattenute esorbitanti, azzerando o quasi lo stipendio mensile. In alcuni casi si tratta di compensazioni con il modello 730, in altri di trattenute per errori di calcolo negli stipendi precedenti. Ma ciò che lascia senza parole è l’assenza di un sistema di rateizzazione: tutto viene trattenuto in un’unica soluzione, senza preavviso. Mi chiedo come sia possibile che lo Stato non abbia la stessa sensibilità che le banche mostrano con la cessione del quinto, ad esempio.”
Lavoratori scolastici come “nuovi poveri”
Un fenomeno isolato o un problema più diffuso?
“Non è affatto un caso isolato. Il problema è che molti docenti e ATA si vergognano di parlarne. Preferiscono subire in silenzio, perché temono di essere giudicati o di perdere il posto. Ma è inaccettabile: stiamo parlando di persone che lavorano, che ogni giorno entrano in aula, gestiscono classi, mandano avanti le scuole. E poi si ritrovano con stipendi da fame o, come in questo caso, con un euro in tasca per un mese intero. È umiliante.”
“Chi governa sa cosa significa non avere stipendio per un mese?”
Quali sono le richieste della UIL Scuola su questo tema?
“Chiediamo trasparenza e rispetto. Innanzitutto, serve un preavviso chiaro per chi subisce queste trattenute. Non si può scoprire a fine mese di non avere lo stipendio! E poi bisogna prevedere la possibilità di rateizzare gli importi da restituire, evitando di mettere le famiglie in ginocchio. Chi governa la pubblica amministrazione si rende conto di cosa significa perdere lo stipendio all’improvviso? Di cosa significa non riuscire a pagare mutuo, affitto, bollette, spesa? Se questi stessi metodi venissero applicati a chi ha responsabilità politiche, forse qualcosa cambierebbe in fretta.”
La scuola merita più rispetto
Questa situazione riflette anche una scarsa considerazione della categoria?
“Assolutamente sì. Il fatto che i lavoratori della scuola vengano trattati così è il simbolo di quanto poco lo Stato li consideri. Siamo di fronte a un comparto dove precariato e stipendi bassi sono la norma, dove le progressioni di carriera sono lente e i riconoscimenti economici quasi inesistenti. E ora anche questi prelievi brutali sugli stipendi. Fare il docente o il collaboratore scolastico, oggi, significa rischiare di non arrivare a fine mese. È questa l’idea che lo Stato ha della scuola pubblica?”
Il tema resta aperto e le domande senza risposta. Perché questi conteggi vengono applicati senza preavviso? Perché i lavoratori della scuola non hanno diritto alla rateizzazione? Chi guida il Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) e il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) intende trovare una soluzione o continueremo a vedere altri casi come quello di A.F.?
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