Un sistema farraginoso tra burocrazia, costi elevati e precarietà

Ilaria Romano insegnante con quasi 50.000 follower su TikTok ha pubblicato un video in cui sconsiglia ai giovani di intraprendere la carriera docente. Il suo sfogo evidenzia le criticità del sistema di reclutamento, tra percorsi complessi, costi esorbitanti e precariato diffuso. Cosa c’è di vero nelle sue parole?

Un video che scuote il mondo della scuola

Il video, che ha raccolto oltre già migliaia di like, è una denuncia feroce delle difficoltà che i futuri docenti devono affrontare: un percorso lungo e costoso, corsi a pagamento per accumulare punteggio, precarietà e un sistema di assegnazione delle cattedre spesso paradossale. Le sue parole hanno riacceso il dibattito tra insegnanti, studenti e sindacati.

Un percorso ad ostacoli: tra laurea, corsi e abilitazioni

Il video di Ilaria Romano mette in luce il problema principale del reclutamento docenti: il percorso per diventare insegnanti è tutt’altro che lineare. Primo step la laurea magistrale, che rappresenta solo il primo passo, poi ci si iscrive nelle GPS (graduatorie per supplenze) sempre che queste siano aperte, di solito si aprono le finestre per le iscrizioni ogni due anni (il prossimo 2026). Poi c’è l’ostacolo “abilitazioni” che comporta l’acquisizione di crediti universitari (CFU). In particolare, sono stati introdotti percorsi abilitanti da 60, 36 e 30 CFU, a seconda dell’esperienza e delle qualifiche del candidato. Questi percorsi, disciplinati dal DPCM del 4 agosto 2023, sono stati attivati nell’anno accademico 2023/2024 e prevedono costi significativi per i partecipanti.

Molti giovani, tuttavia, scoprono presto che ottenere l’abilitazione non è sufficiente: per avere concrete possibilità di lavoro è necessario scalare le graduatorie e per farlo bisogna accumulare punteggio attraverso corsi aggiuntivi, certificazioni linguistiche e informatiche, spesso offerti a costi elevati.

Il mercato dei punti: corsi a pagamento e stage gratuiti

Uno degli aspetti più critici denunciati da Ilaria Romano riguarda la cosiddetta “corsa ai punti”, una dinamica che ha trasformato la formazione degli insegnanti in un vero e proprio business. Chi aspira a una cattedra deve investire cifre considerevoli in corsi online e master, spesso poco utili dal punto di vista didattico, ma fondamentali per aumentare il proprio punteggio in graduatoria.

Molti insegnanti precari si vedono costretti ad accettare incarichi nelle scuole private, dove spesso lavorano pagati sulla carta lavorando invece sottopagati nella miglior ipotesi se non addirittura gratuitamente pur di raccattare un punteggio utile per lavorare nella scuola pubblica . Questo meccanismo, più volte denunciato dai sindacati, porta a una situazione paradossale in cui il valore del merito e della preparazione viene subordinato a logiche economiche e burocratiche.

Ilaria, nel suo video, parla chiaramente di una vera e propria “giungla” in cui i candidati sono costretti a investire continuamente in formazione senza alcuna garanzia di stabilità lavorativa. La situazione è resa ancora più difficile dal fatto che i punteggi necessari per ottenere un incarico variano a seconda della regione: nelle province del Nord, dove c’è carenza di docenti, si può insegnare anche con un punteggio relativamente basso, mentre al Sud, dove la competizione è altissima, anche chi ha accumulato molti punti rischia di rimanere senza lavoro.

Un precariato senza fine

Oltre ai costi e alla burocrazia, il vero problema per chi sogna di insegnare è la precarietà. Anche quando si riesce a ottenere un incarico, la stabilità è tutt’altro che garantita. In molte regioni, i docenti vengono chiamati per supplenze brevi, con contratti che possono durare solo poche settimane o addirittura giorni. Il rinnovo dipende dalle necessità delle scuole e spesso gli insegnanti vivono nell’incertezza, senza sapere se avranno lavoro nei mesi successivi.

Secondo il dossier della UIL Scuola Rua, negli ultimi otto anni il numero di insegnanti precari è raddoppiato, passando dal 12% del 2015 al 24% del totale nel 2023. Attualmente, su 943.680 docenti in servizio, ben 234.576 hanno un contratto a tempo determinato. 

Nel suo video, Ilaria Romano racconta il paradosso di colleghi con punteggi altissimi che pregano affinché qualcuno vada in maternità o si ammali, perché solo in quel caso possono sperare in una chiamata. Questa realtà, che per molti può sembrare assurda, è invece la norma per migliaia di docenti precari italiani. Il rapporto della UIL Scuola evidenzia come l’instabilità contrattuale non sia solo un problema per gli insegnanti, ma anche per gli studenti, costretti a cambiare continuamente docenti nel corso dell’anno scolastico.

Il precariato non riguarda solo le supplenze brevi, ma anche gli incarichi annuali. Sempre secondo il dossier UIL Scuola, nell’anno scolastico 2023/2024 sono stati assegnati circa 150.000 contratti a tempo determinato, di cui oltre 70.000 su posti di sostegno, un settore particolarmente colpito dalla mancanza di insegnanti specializzati. Questo dato conferma che il sistema scolastico italiano dipende in modo strutturale dal precariato, anziché garantire un piano di stabilizzazione a lungo termine.

Le parole di Ilaria Romano hanno alimentato un acceso dibattito tra insegnanti, studenti e sindacati. Molti docenti precari si sono riconosciuti nella sua denuncia, sottolineando come il sistema di reclutamento attuale penalizzi chi non ha risorse economiche per sostenere i costi dei corsi e delle certificazioni.

I sindacati chiedono da anni una riforma più equa che riduca il numero di precari e garantisca stabilità ai docenti. La UIL Scuola ha proposto un piano di assunzioni straordinarie per coprire i posti vacanti e ridurre il ricorso ai contratti a termine.

Dal canto suo, il Ministero dell’Istruzione ha difeso la recente riforma, affermando che i percorsi abilitanti da 30, 36 e 60 CFU serviranno a semplificare l’accesso alla professione e garantire una migliore formazione ai futuri docenti. Tuttavia, molti insegnanti restano scettici: il timore è che questi percorsi si trasformino nell’ennesima spesa obbligata, senza risolvere il problema del precariato.

Una professione che merita più rispetto

Il video virale di Ilaria Romano ha avuto il merito di portare all’attenzione pubblica una realtà che molti insegnanti vivono quotidianamente. Insegnare non è solo una vocazione, ma dovrebbe essere anche una professione riconosciuta e valorizzata, con percorsi chiari e accessibili per chi desidera intraprenderla.

Se le istituzioni non interverranno con misure concrete per semplificare il reclutamento e garantire maggiore stabilità ai docenti, il rischio è che sempre più giovani seguano il consiglio della professoressa influencer e decidano di “lasciare stare”. E in un Paese che ha bisogno di scuole di qualità e insegnanti preparati, sarebbe un errore imperdonabile.

IL VIDEO

https://vm.tiktok.com/ZNd1XfT63/

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