Tra stipendi poco competitivi e costo della vita elevato, ”la scuola” fatica ad attrarre docenti nelle regioni settentrionali. Sindacati e governo a confronto: si va verso concorsi su base regionale?

La difficoltà a coprire le cattedre, soprattutto nelle regioni del Nord è una dura realtà. Il fenomeno, che coinvolge anche altri settori della Pubblica Amministrazione, ha assunto proporzioni allarmanti, con concorsi che non riescono a coprire tutti i posti disponibili e un numero crescente di rinunce. La questione sarà al centro dell’incontro del 18 febbraio tra governo e sindacati, dove una delle soluzioni più discusse è l’introduzione di concorsi su base regionale. Secondo i dati recenti, solo il 70% dei posti messi a concorso al Nord viene effettivamente coperto, mentre al Sud il fenomeno è meno marcato. Le cause sono molteplici: stipendi non adeguati al costo della vita nelle grandi città, rigidità nei meccanismi di mobilità e un sistema concorsuale che spesso obbliga i vincitori a trasferirsi lontano dalla propria regione di residenza.

La carenza di docenti al Nord: i numeri del problema

L’ultimo rapporto del Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) evidenzia come le cattedre vacanti siano in aumento, con una forte concentrazione nelle regioni settentrionali

  • Lombardia e Veneto sono tra le regioni con il maggior numero di posti scoperti;
  • A Milano, tra il 2023 e il 2024, oltre 6.000 dipendenti pubblici si sono dimessi, molti dei quali insegnanti;
  • Solo il 50% dei vincitori di concorso accetta di trasferirsi al Nord, con il resto che rinuncia o attende un’assegnazione più vicina alla propria regione.

Secondo l’ANP (Associazione Nazionale Presidi), la situazione è destinata a peggiorare nei prossimi anni se non verranno adottate misure correttive: “Ogni anno ci troviamo a dover gestire migliaia di supplenze perché i docenti vincitori di concorso rifiutano le assegnazioni al Nord. Serve un sistema di reclutamento più flessibile e vicino alle esigenze del territorio” ha dichiarato il presidente Antonello Giannelli.

Perché i docenti rifiutano il Nord?

La fuga dalle cattedre settentrionali ha motivazioni diverse

  •  Stipendi inadeguati rispetto al costo della vita: un docente guadagna circa 1.500 euro netti al mese, una cifra spesso insufficiente per affrontare affitti elevati nelle grandi città come Milano, Torino e Bologna.
  • Sistema di mobilità rigido: i docenti vincitori di concorso vengono assegnati lontano dalle loro famiglie, senza la possibilità immediata di trasferirsi nella propria regione d’origine.
  • Mancanza di incentivi economici o benefit: mentre alcune aziende private offrono agevolazioni abitative o bonus trasferta o il banale ”TICKET” , la scuola pubblica non prevede nulla di tutto ciò.

Concorsi regionali: una soluzione praticabile?

Di fronte alla crescente difficoltà nel coprire le cattedre, si torna a discutere della possibilità di bandire concorsi su base regionale. Questo permetterebbe ai candidati di concorrere solo per le scuole della propria regione, riducendo il fenomeno delle rinunce post-concorso.

L’idea non è nuova: già in passato le graduatorie regionali hanno permesso un migliore equilibrio nella distribuzione degli insegnanti. Tuttavia, restano alcune criticità da affrontare

  • Rischio di disuguaglianze tra Nord e Sud: regioni con meno posti disponibili potrebbero avere una sovrabbondanza di candidati rispetto alle necessità.
  • Difficoltà di attuazione a livello normativo: il sistema di reclutamento dei docenti è regolato da leggi nazionali, quindi una modifica richiederebbe un intervento legislativo.
  • Possibile opposizione sindacale: alcune sigle sindacali temono che questa misura possa ridurre le possibilità di mobilità per i docenti già in servizio.

Altre proposte per rendere più attrattivo il lavoro di docente

Oltre ai concorsi regionali, si discute di altre possibili soluzioni per rendere il mestiere di insegnante più competitivo:

  • Aumenti salariali differenziati per area geografica: una proposta controversa, che prevedrebbe stipendi più alti nelle zone dove il costo della vita è maggiore.
  • Agevolazioni per alloggi e trasporti: in passato alcuni settori pubblici (es. Ferrovie, Polizia) offrivano case o alloggi convenzionati per i dipendenti fuori sede. Questa misura potrebbe essere ripristinata per gli insegnanti.
  • Miglioramento della mobilità interregionale: una revisione dei criteri di trasferimento potrebbe permettere ai docenti di rientrare più facilmente nelle proprie regioni di origine dopo un periodo di servizio al Nord.
  • Semplificazione delle procedure concorsuali: i concorsi pubblici sono spesso complessi e lunghi. Snellire il processo potrebbe incentivare più candidati a partecipare.

L’incontro del 18 febbraio tra governo e sindacati rappresenterà un momento cruciale per il futuro della scuola pubblica italiana. La carenza di docenti al Nord è un problema che richiede soluzioni concrete e urgenti, per evitare che intere generazioni di studenti paghino il prezzo di un sistema di reclutamento inefficace.

I concorsi regionali potrebbero essere una risposta, ma da soli non bastano: serve un intervento più ampio che renda il mestiere di insegnante più attrattivo, soprattutto nelle aree dove il costo della vita è più elevato. La scuola italiana ha bisogno di un vero e proprio “Piano Marshall” per il personale docente, con incentivi e riforme che valorizzino una professione fondamentale per il futuro del Paese.

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